CAVEMAN – IL GIGANTE NASCOSTO

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CAVEMAN – IL GIGANTE NASCOSTO
IL RITRATTO SILENZIOSO DELLO SPELEOLOGO FILIPPO DOBRILLA, PERSONAGGIO TANTO COMPLESSO QUANTO SPECIALE.
CAVEMAN – IL GIGANTE NASCOSTO
Regia: Tommaso Landucci
Cast:
Genere: Documentario
Durata: 91 min. min. - colore
Produzione: Italia, Svizzera (2021)
Distribuzione: Valmyn, DOCLAB
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Dal 7 Marzo il martedì sera ci saranno 4 fantastici appuntamenti cinematografici in collaborazione con il C.A.I. Club Alpino Italiano di Città di Castello 🏔️.

7 Marzo: Climbing Iran

21 Marzo: Caveman, il gigante nascosto

28 Marzo: Gino Soldà, una vita straordinaria

4 Aprile: The Sanctity of Space

 

 

 

Un gigante viene scolpito nel marmo. Quasi ogni giorno, un passo alla volta, Filippo Dobrilla si addentra a 640 metri di profondità nei meandri delle Alpi Apuane della Toscana per dare vita a un’enorme forma di materia preziosa. Scolpire un volto, un’espressione, delle braccia, il sesso maschile, quei dettagli che restituiscono le sembianze dell’uomo. Probabilmente le sue, a creare un autoritratto impresso nella roccia, permanente nel futuro. Una scultura imponente, proprio come quei “giganti” a cui Dobrilla si ispira, come Cellini, Leonardo e Michelangelo. Questa è stata una delle azioni più profonde e laboriose che lo speleologo ed artista toscano ha realizzato con determinazione, etica e una grande poesia.

 

 

Il racconto di Tommaso Landucci, presentato alle Notti veneziane delle Giornate degli autori della Mostra del Cinema di Venezia, è un ritratto silenzioso di un personaggio speciale.

 

 

Dobrilla è infatti una figura interiormente complessa, uno speleologo che ha intrapreso la strada rigorosa del quasi esule da una società di cui non si sentiva parte, per seguire istinti e solitudini, per realizzare le sue passioni: addentrarsi nella profondità della materia di cui è fatta la roccia, e la scultura. Una poetica radicale, che lo riporta alla realtà in quei momenti scelti con i due figli, Melia e Rodrigo, a cui è dedicato il film, e alla moglie Martina.

 

Filippo fugge in posti dove solo la natura comanda. Quella natura che definisce, col suo accento toscano, educato e pacato che accompagna tutto il film, una “Madre matrigna”. Un’entità che lo accoglie, ma che è difficile da affrontare. Tanto da dedicarle l’intera vita e a spegnersi a soli cinquantun anni per una malattia che velocemente lo consuma.

 

Il regista segue l’artista testimoniando le sue azioni e i pensieri, senza interromperlo nel suo calmo fare all’interno della sua casa, un eremo in campagna tra legni da tagliare, capre da pascolare e palle di fieno, tra cui sbucano le sue sculture in gesso, legno, marmo e, altro luogo, la profondità delle montagne. In questo contesto, una caverna sotterranea, scorrono le immagini più belle: la roccia bianca, il tintinnio dell’acqua, il buio.